martedì 22 gennaio 2008

Roberto Vecchioni..professore della vita..

L'ultimo cd di ROBERTO VECCHIONI “Di rabbia e di stelle” è già disco d’oro nelle vendite. L'artista si racconta in questa intervista

“Rotary club of Malindi”, segnò la vittoria contro la depressione. “Di rabbia e di stelle”, che momento racconta?
Questo disco non viene dopo una crisi personale, ma racconta la mia rabbia e il disgusto, lo schifo che per gli pseudo valori, perché stiamo vivendo un terribile momento di crisi e di malcostume. E poi è un’analisi quasi anatomica di quello che l’amore ti toglie e ti dà. Viene dopo un anno di lavoro intenso, passa attraverso alcune traversie compositive e lavorative. Mi pongo interrogativi, perché per l’età per le difficoltà, ho sentito di amare di meno.
Ma quando l’amore è vero, è potente. Vince.

Andiamo per ordine: l’Italia del malcostume. L’Italia siamo noi…
Spesso siamo attorniati da gente con cui non vorrei mai stare, che rovina la festa.
Non sopporto i media in generale, un certo giornalismo scandalistico, o troppo perbenista. Istituzioni come la Borsa…
Nello stesso momento in cui un titolo sale in Borsa c’è gente che per la stessa ragione muore. E poi non capisco questo tecnicismo telematico esagerato, che dà sempre meno importanza alle emozioni,
le annulla.

Una canzone dell’album è dedicata ai giovani, “comici spaventati guerrieri”, come li vede?
Li guardo con tenerezza. Hanno paura davanti all’amore, non sanno determinarsi di fronte ai sentimenti. Sono tutti in continua competizione, se non sei “di successo” sei deriso, preso in giro. È difficile essere davvero se stessi a questo mondo.

In un’utopica, quanto necessaria, riforma scolastica introdurrebbe l’educazione sentimentale come materia di studio?
Sarebbe fondamentale. Inviterei i giovani a parlare liberi, a tirare fuori i propri sentimenti. Quando insegnavo latino e greco cominciavo la lezione dalle parole libere. Chiedevo: “Che ne pensate di questo tramonto? Parliamone”. Oppure dalla finestra guardavamo un vecchietto e cominciavamo a fantasticare con i ragazzi: “Che starà provando, che farà stasera?”. Sarebbe importante riuscire a esprimere gli input interni che l’educazione, la società, i genitori, tendono ad addormentare, a tenere a bada.

Non ha mai abbandonato l’insegnamento. Attualmente all’università di Pavia tiene un corso di “Testi letterari in musica”. Vocazione irrinunciabile?
Sarà che ho sempre sete di capire me stesso. Mettendomi in campo a spiegare, apro mondi sempre diversi. Raccontare della poesia in musica è parlare della storia dell’uomo, del suo pensiero.

Qual è il prezzo che si paga a essere poeta?
Dato per scontato che io lo sia, si soffre molto. Una forte sensibilità ti porta a vivere le cose che vanno male come ferite profonde. Si paga il prezzo dell’incomprensione, dell’essere sottovalutati,
ignorati dai media, nel bene e nel male. E poi paghi in termini reali, con il tempo che non dedichi
ai figli e alla moglie, con la distrazione e con la tendenza a essere egocentrici.

I problemi di salute che ha avuto suo figlio, a cui ha dedicato “Le rose blu”, una preghiera in musica, l’hanno avvicinata alla fede?
Sono sempre stato un credente, ma combattivo, arrabbiato, agnostico. “Le rose blu” apre un altro mondo, si capisce la sofferenza di Dio, la sua fatica di far capire che l’amore è bene. Però non credo alle verità dogmatiche, faccio fatica e i misteri sono difficili da accettare. Ma forse che Gesù sia morto per la salvezza degli uomini, o che Dio ti entri dentro attraverso l’ostia, non è una bugia colossale, ma una verità colossale.

Torniamo all’amore, dell’ultimo cd, un amore che fa fatica. L’unione invidiabile con Daria Colombo, ha vissuto crisi?
Mia moglie dice sempre che io esagero quando scrivo. La mia storia con lei ha ovviamente una parte nel disco, ma è sempre lei l’ultimo appiglio quando tutto vacilla. A lei chiedo “non lasciarmi andare via”, proprio quando sono più debole, lacerato. Gli uomini siamo dei bambini bisognosi di protezione, più vigliacchi delle donne, per natura.

Ce lo chiediamo tutti, professore, che cos’è l’amor?
È una lunga strada, piena d’incroci, vie laterali, non un rettilineo, né mai un punto, ma un insieme di punti da unire. Non c’è solo il piacere di vivere e di stare insieme, ma le cadute, gli intralci,
lo zoppicare, le paure, i dubbi, l’età che passa, la resurrezione, la passione, la dolcezza, la parte creativa della nostra esistenza.

E l’amore per l’Inter resiste alla crisi del calcio?
Io sto in un’isola felice, che è l’Inter di Moratti, un uomo onesto e di emozioni.
Ma sono abbastanza intelligente da capire che tutto oramai sottostà all’egida del dio denaro e del dio potere.


(fonte: quotidiano City)

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